Da anni ormai, in questo giorno mi riservo di stappare una bottiglia particolare.
Quest'anno la scelta è ricaduta su un birrificio di cui ho letto molto bene ma ancora non avevo provato con mano, o meglio con bocca. Bottiglie non facilissime da trovare, in Italia arriva qualcosa con il contagocce e sopratutto a prezzi esorbitanti che ne raffreddano l'entusiasmo.
La mia Noble King, oggetto del post odierno, viene dall'estero.
Per spendere due parole sul birrificio Jester King, occorre spostarsi in Texas, ad Austin.
Qui, due fratelli Jeff e Jeffrey Stuffing nel 2010 danno vita a questo progetto brassicolo dopo anni di homebrewing. E' Jeff la mente e la mano del birrificio del Re Giullare. L'hobby di fare birra non gli basta più e molla la sua professione di avvocato per dedicarsi completamente alla sua passione, trasferendosi nella Texas Hill Country. Nonostante sia un birrificio attivo solo da 5 anni, ha attirato interessi da tutto il mondo grazie ad una linea di birre certamente di ispirazione belga (come spesso accade negli States) ma con un occhio di riguardo all'affinamento in botte e all'utilizzo dei lieviti selvaggi autoctoni, Ben cinquantacinque birre prodotte sino ad ora, tutte nel generoso formato di 75 cl e tutte abbellite da etichette meravigliose, fra le più belle mai viste su di una bottiglia.
Un imponente leone di colore verde con la parte inferiore della criniera legata con tanto di lacci con appesi due luppoli dorati, corona d'oro e occhi luccicanti color argento.
Stappata mi regala un inaspettato quanto breve gushing che mi costringe però a versarla in più tempi.
Arriva quindi nel bicchiere con un bellissimo colore oro carico, velato con sfumature che vanno sull'arancio. La schiuma è perfetta, candida, abbondante, fine e di ottima persistenza. Al naso colpisce subito la nota funky, poi prosegue con sentori di ananas matura, luppolo fiorito ed erbacei. In bocca entra con la dolcezza della frutta matura, morbida e con una carbonazione media. Si avverte la parte lattica, poi lievi note legnose, e un tocco polveroso. La potenza dei luppoli nobili usati, Golding, Fuggle, Perle, regala freschezza, una nota terrosa e un finale amaro pur essendo stata disinnescata con il passare del tempo (la bottiglia ha un anno di vita sulle spalle) facendo venir fuori maggiormente il lavoro dei lieviti selvaggi. La bevuta risulta molto gradevole e scorre lungo le linee della secchezza. Termina con una buona coda erbacea e citrica che ne impreziosisce l'esperienza.
Birra ben fatta e con una ottima capacità dissetante pur avendo ben visibile che il sentiero sul quale ha scelto di muoversi è la complessità, sopratutto al naso.
Buona la prima quindi, fra me e il birrificio di Austin, con questa delicata hoppy farmhouse ale come viene definita dal birrificio.
Una birra sicuramente facile da bere anche per i palati meno allenati alle produzioni con lieviti selvaggi in quanto l'acidità è molto controllata.
Cheers!
GIUDIZIO PERSONALE
Nessun commento:
Posta un commento