Diritto d'autore..questo sconosciuto
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giovedì 30 marzo 2017

Birrificio Lariano

Ritorna sul blog il Birrificio Lariano e lo fa con un articolo interamente dedicato alle sue produzioni!

Non ho mai nascosto i miei apprezzamenti per il lavoro e le birre del Birrificio Lariano, come accennato in questo articolo; ma da quando ho aperto il blog ho avuto modo di incrociarle soltanto nei festival. E' ora di colmare la mancanza divulgativa, visto che, con mia grande soddisfazione, da qualche mese riesco a trovare quasi l'intera gamma nel mio beershop di fiducia; avendo quindi la possibilità di berle e riberle con maggiore costanza.
Ho avuto fin da subito un impatto positivo con queste birre, sin dai primi assaggi diversi anni fa, quando il birrificio muoveva i suoi primi passi nel mondo della birra artigianale italiana.




Il Birrificio Lariano vede la luce a Dolzago, in provincia di Lecco, nel maggio del 2008 ad opera di Fulvio Nessi e Emanuele Longo, due homebrewers che decidono di abbandonare i propri percorsi lavorativi per puntare tutto sulla produzione della birra. Sin dagli inizi le produzioni spaziano fra i diversi stili di birra e iniziano a ricevere consensi anche a livello nazionale.
Inevitabile quindi l'upgrade dell'impianto e il connesso spostamento nel 2015 della sede a Sirone, sempre restando nella provincia di Lecco.
Quest'anno inoltre, Emanuele Longo si è piazzato al secondo posto nella prestigiosa classifica di Birraio dell'Anno.
Le attuali etichette, che raffigurano dei simpatici e coloratissimi animali, vedono la luce (credo-chiedo conferma o smentita) qualche tempo prima del trasferimento nella nuova sede.
Non sono un tipo che si lascia condizionare dalle etichette, ma sono onesto se dico che sono fra le etichette più belle che abbiamo nel panorama italiano. Il plauso per l'idea e la realizzazione, anche qui attendo eventuale conferma, è da fare a Laura Bossi ed Andrea Prenna.

lunedì 27 marzo 2017

Brasserie Dieu Du Ciel! - Rigor Mortis Abt

Ennesima creazione dei canadesi di Dieu Du Ciel! ad approdare sul blog. Stavolta ho stappato un'intensa quadrupel dall'inquietante nome Rigor Mortis ABT.


Sono sette le birre della Brasserie Dieu Du Ciel! che hanno trovato casa sulle pagine del blog, potete ripercorrere storia del birrificio e le mie note personali sulle bottiglie stappate, seguendo questo tag.

Il nome di questa quadrupel di ispirazione belga, mi aveva da sempre affascinato ma non ero ancora riuscito ad incrociare qualche bottiglia senza dover spendere un patrimonio prendendola dall'altra parte dell'Oceano.
Il rigor mortis (o rigidità cadaverica) rientra tra i fenomeni cadaverici consecutivi.
È una condizione peculiare della muscolatura (striata e liscia) consistente in uno stato di retrazione e di compattezza che suben­tra (fase d’insorgenza) gradualmente entro 2 o 3 ore ad una prima fase di flaccidezza che segue alla morte del soggetto.
Il lasso di tempo entro cui il rigor mortis si generalizza e raggiunge la massima intensità (fase di stabilizzazione) varia da 24 a 48 ore dopo il decesso. Essendo allora i muscoli sodi e difficilmente estensibili, l’atteggiamento del cadavere rimane fissato per un certo tempo, dopo il quale la rigidità si risolve. (fonte)
La Rigor Mortis Abt fa parte della serie Momentum, dodici birre prodotte una volta all'anno in corrispondenza dei dodici mesi. La quadrupel/Abt oggetto dell'articolo viene rilasciata nel mese di gennaio di ogni anno e occupa la posizione numero 23 nella classifica delle migliori quadrupel secondo il sito di rating Ratebeer. ed è proprio consultando questo sito e il suo immenso database che vengo a scoprire che di Rigor Mortis ne esistono diverse versioni. Oltre all'immancabile versione barricata, in tal caso esiste una versione che ha riposato in botti ex brandy, scopro che esistono altre sette tipologie che riprendono gli stili monastici più conosciuti, con qualche variazione sul tema, ad esempio una belgian ale passata in botti di pinot nero.

martedì 21 marzo 2017

Artigianale e industriale: convivenza possibile?

Oggi provo a dire la mia riguardo la vecchia ed annosa questione della possibile convivenza all'interno di uno stesso locale di birre industriali e birre artigianali.


Fugo subito ogni dubbio o equivoco derivante dal titolo: per me NON è possibile.
O meglio non è auspicabile, se non come un inizio verso un passo più grande.
Ma andiamo per gradi.

Qualche settimana fa, sul web birrario, si è discusso a lungo e in maniera anche abbastanza accesa sulla presenza o meno di alcune birre artigianali in locali con un'impostazione decisamente lontana da questo mondo.
Comprendendo bene che il nocciolo di quella questione non era la semplice coesistenza nello stesso locale di due modi di intendere e fare birra contrapposti. ha acceso, o meglio riacceso in me,  qualche riflessione pur spostandomi su altri livelli.

Artigianale e industriale: convivenza possibile? blog birra artigianale

Partiamo dal fatto che non è il luogo a fare la differenza! Non è lì che risiede il problema.
Negli Stati Uniti i grandi birrifici craft piazzano le proprie birre anche nei negozi delle area di servizio, oppure nei chioschi di street food. Onestamente l'idea di fare tappa in Autogrill e mangiare un camogli accompagnato da una buona birra italiana, non mi dispiace affatto, anzi!
Per la mia visione della birra, tutto gira attorno alla professionalità di chi la somministra, come spiegavo meglio in questo articolo.

lunedì 20 marzo 2017

Fuller's - Vintage Ale 2014

Ho stappato l'esemplare 2014 di una delle birre di punta dello storico birrificio inglese Fuller's; la possente Vintage Ale.

Non potete considerarvi appassionati di birra artigianale se non conoscete e sopratutto non avete mai bevuto una birra di Fuller's!
Ovviamente sto scherzando, chiarisco subito; ma sono abbastanza certo che se bevete già da qualche anno buona birra. avrete almeno sentito nominare una volta il birrificio inglese Fuller's.
Fuller's Vintage Ale 2014 birra recensione degustazione blog birra artigianale


Nato ufficialmente nel 1845 a Chiswick, nella parte occidentale di Londra, è uno dei birrifici inglesi più importanti. Con il passare del tempo, oltre a raccogliere numerosi premi in patria e non solo, il mercato delle birre Fuller's è cresciuto moltissimo, portando la società a gestire oltre 400 pub in tutto il Regno Unito. Capite bene  che ormai da anni il birrificio londinese non viene più considerato artigianale, non tanto per le grandi dimensioni e per la diversificazione del business, è doveroso precisarlo, ma perché ha scelto di piegarsi alle logiche della pastorizzazione in alcuni casi (bottiglie).
Tuttavia ci sono ancora delle produzioni che vale la pena cercare, trovare e gustare.

giovedì 16 marzo 2017

Hilltop Brewery - ZenZero

Debutto sul blog per un giovane birrificio laziale, fra i più promettenti di tutto il panorama italiano. La birra che bagna l'esordio su queste pagine è la ZenZero; il birrificio in questione è Hilltop!

Conor Gallagher Deeks lo avrete forse sentito nominare molto spesso qualche mese fa, a fine gennaio, quando è stato incoronato miglior birraio emergente 2016 nella manifestazione ideata da Fermento Birra svoltasi a Firenze.
In realtà io avevo già avuto modo di incontrare con piacere le birre prodotte da Conor e di convincermi che fosse un birraio davvero preparato. Dopo essermi letteralmente innamorato della stout che porta il suo cognome, di chiare origini irlandesi, ho incrociato anche sia la bitter della casa, Barry's Bitter sia l'ottima Belle Blonde!
Hilltop Brewery ZenZero birra recensione blog birra artigianale

E' tempo di ampliare i miei assaggi e di provare qualcosa che esca dagli stili anglosassoni che certamente sono i fiori all'occhiello del birrificio Hilltop.
Eccomi allora a intercettare la prima birra di stampo belga prodotta in quel di Bassano Romano; la ZenZero, una belgian golden strong ale di 8,5° aromatizzata (0,8%) allo zenzero!

martedì 14 marzo 2017

Cosa e dove ho bevuto durante la Settimana della Birra Artigianale 2017

Settimana della Birra Artigianale, ormai una piacevole istituzione per l'Italia brassicola; impossibile quindi non prendere parte a questa grande festa ed approfittare per bere qualcosa!

Da sette anni l'Italia artigianale attende tutto l'anno la settimana più birrosa per festeggiare ed onorare la sacra bevanda che tanto ci appassiona! L'idea e l'intuizione di Andrea Turco di Cronache di Birra è stata molto semplice ma efficace: riunire tutta l'Italia brassicola in un unico grande bancone lungo una settimana intera. Prendere parte a questa grande festa è semplicissimo: avere voglia di bere buona birra e divertirsi! Nel corso degli anni gli aderenti sono aumentati in maniera esponenziale e ormai trovare un locale che non aderisca a questa iniziativa diventa davvero un arduo compito. Merito quindi della coinvolgente organizzazione che di anno in anno ha attirato un numero sempre maggiore fra appassionati e locali.

Io prendo parte a questa festa dagli albori, e da quando ho fondato Diario Birroso, ne approfitto per raccontarvi le mie scorribande durante questa settimana, qui e qui trovate i resoconti dei due anni precedenti.
Non posso non partire dall'unico locale di Foggia che ha aderito alla Settimana della Birra Artigianale: lo Zapoj! Da qualche anno infatti è uno dei pochissimi pub della mia zona che ha deciso di puntare molto sulla buona birra abbinata ad un'eccellente cucina che si colloca a metà fra il classico pub e una braceria di livello. Ad un impianto di spine a sei vie con un paio di queste che variano quasi mensilmente, offre anche una studiata selezione di bottiglie che viene aggiornata a seconda delle novità. Quella che ha inaugurato questa settimana è stata la doppietta Hammer, la Spring e la Wave Runner, di cui vi ho rispettivamente parlato in questo e quest'altro articolo. Se mi seguite da un pò, avrete certamente letto le mie lamentele riguardo all'arretratezza in fatto di birra artigianale del mio territorio; quindi mi crederete se considero una grande conquista trovare in un pub alcune referenze di Hammer, uno dei birrifici più importanti d'Italia!

Come avrete letto sulla pagina Facebook del blog, tuttavia la birra che ha inaugurato la mia settimana è stata la Stonehenge di Lariano, una profumata e morbidissima rye IPA con note fruttate e citriche e qualche suggestione di balsamica! Ancora una birra fresca e luppolata e ancora a firma di Lariano; con amici abbiamo stappato la Vergött, una delicata white IPA che coniuga note speziate ed acidule tipiche delle witbier, e sentori agrumati, di arancia amara e lime.
Una delle birre più strane che ho incrociato in questi giorni è senza dubbio la Heavy Water di Bearvertown, birrificio inglese mai banale, di cui ho assaggiato ottime cose ma anche produzioni poco riuscite secondo i miei gusti. La lattina di Heavy Water, curatissime come da copione, recita inequivocabilmente sour cherry and sea salt imperial stout.  Smaltito lo sbigottimento iniziale decisamente studiato dall'attivissimo reparto marketing del birrificio londinese, mi trovo di fronte una birra nera come la pece, con una ricca schiuma cappuccino. Il naso è un mix di note tostate e sentori aspri di frutta a bacche rosse. In bocca ricalca quanto avvertito al naso riuscendo ad essere equilibrata e gradevole nonostante gli elementi in gioco siano così particolari. Non semplicissima da bere, anche per i suoi nove gradi alcolici, ma sicuramente una birra da provare.

martedì 7 marzo 2017

Dry & Bitter/Hoppin' Frog - Old School Baltic Porter

Debutto sul blog per una delle tante beerfirm danesi: Dry&Bitter che firma il suo esordio su queste pagine con una deliziosa baltic porter!

Danimarca, terra che più di ogni altra, negli ultimi 4 anni ha lanciato una serie innumerevole di beerfirm, senza dubbio seguendo le orme del birrificio gipsy per eccellenza Mikkeller.
La storia di Dry&Bitter però è molto più complicata, ed è stata riassunta come sempre in maniera impeccabile dal blog UBAG-UNA BIRRA AL GIORNO a questo link.

Dry & Bitter/Hoppin' Frog - Old School Baltic Porter birra recensione diario birroso blog birra artigianale

Dry&Bitter vede la luce nel 2015 ad opera di Søren Wagner e Jay Pollard, già proprietari di uno dei locali più interessanti di Copenhagen, Fermentoren. Ad inizio dello stesso anno i due ragazzi avevano rilevato il birrificio Ølkollektivet, uno dei maggiori contoterzisti di tutto il sottobosco di beerfirm danesi. Le birre prodotte seguono, manco a dirlo, i trend  dettati dai beergeek, ossia birre straluppolate e imperial stout di grande statura alcolica.
Dalla grafica elegante e dai nomi accattivanti, conobbi le birre di Dry&Bitter dopo qualche mese dalla loro apertura, rimanendo piacevolmente colpito dalla pulizia e dalla grazia di alcune birre, in particolare la Christian Bale Ale.
Da metà dello scorso anno, le bottiglie targate Dry&Bitter arrivano in Italia con regolare frequenza, anche, devo dire, a prezzi abbastanza adeguati rispetto a molte altre birre scandinave.
Ho intercettato così la Old School Baltic Porter prodotta in collaborazione con il birrificio dell'Ohio Hoppin' Frog, maestro sopratutto nella produzione di stout e porter molto alcoliche e complesse.

lunedì 6 marzo 2017

Il mestiere del publican

Qualche riflessione sul mestiere di publican.

Oggi inizia la Settimana della Birra Artigianale e io voglio buttare giù qualche pensiero in relazione ad una delle figure più importanti dell'intera filiera della birra: il publican.

Mutuato dalla tradizione inglese, la parola publican, ossia il gestore/proprietario di un pub, viene utilizzata ormai anche in italiano. Tuttavia è una parola spesso abusata, e a mio modesto avviso, poche sono le figure che possono fregiarsi di questo titolo. Eh si, perché non basta possedere un locale, mettere quattro birre in croce per diventare un buon publican!

Diversi anni fa mi piacque molto uno scritto del blog Hoppy-Hour, che attualmente credo sia stato chiuso, una sorta di inno al publican perfetto. Qui è stato riportato integralmente qualora vogliate leggerlo. E' uno scritto attualissimo, con cui mi ritrovo totalmente in accordo.

Uno degli elementi fondamentali, oltre alla conoscenza del prodotto e all'estrema competenza in materia, è la passione. Occorre davvero porre l'accento su questo elemento a mio avviso imprescindibile. Appassionarsi alla birra artigianale 15 anni fa voleva dire fare un salto nel vuoto, rischiare tutto per il solo amore e la sola passione verso questa bevanda. Io ricordo ancora uno dei pub storici del mio territorio e il suo compianto proprietario, che dovette inserire nel suo menu anche birre industriali per evitare di attirarsi le ire dei clienti. Era l'epoca in cui avere una seppur piccola selezione di birre belghe in un locale, qui, nel profondo Sud Italia, era motivo di orgoglio e di vanto. Magari non era remunerativo, ma per chi ha passione può bastare anche poco per sentirsi ripagati ed appagati. Ero appena maggiorenne forse, e la birra ancora non faceva parte della mia vita come oggi, ma scovare una tantum, in quel posto, qualche birra dall'etichetta particolare e dai sapori diversi, era un diletto che mi piaceva moltissimo. 

giovedì 2 marzo 2017

Ancora juicy. DIPA v11 e Session IPA Wai-iti di Cloudwater e Tasty Juice di Lervig

Approdano sul blog altri due esempi delle cosiddette New England IPA che stanno letteralmente spopolando anche in Italia fra appassionati ma anche fra i birrai italiani che iniziano a cimentarsi sempre di più con questo particolarissimo stile-non stile.

Altro giro, altra corsa e in meno di un mese ritorno a parlarvi di New England IPA.
Argomento ormai sdoganato anche fra i neofiti, che ha incuriosito persino chi di birra non ci capisce nulla ma corre dietro alla moda del momento; in tal caso le juicy/cloudy o IPA torbide che dir si voglia. Ma non è di questa fastidiosa deriva che voglio parlarvi...
Ancora juicy. DIPA v11 e Session IPA Wai-iti di Cloudwater e Tasty Juice di Lervig diario birroso blog birra artigianale

Dopo aver letto in lungo e in largo, dopo essermi confrontato con birrai ed addetti ai lavori, in questo articolo ho provato a dire la mia su questo vero e proprio fenomeno.
Siccome io sono dell'idea che per quanto si possa leggere e confrontarsi, l'esercizio più utile nonchè quello più piacevole resta quello della bevuta, appena ne ho l'occasione cerco di assaggiare le interpretazioni europee che via via stanno uscendo, selezionando ovviamente quelle da cui mi aspetto un valore aggiunto sul tema.

Dopo Brewski e Stigbergets, dobbiamo restare in Scandinavia e spostarci in Norvegia, da Mike Murphy, Lervig, pioniere delle birre luppolate in Italia e birraio che apprezzo moltissimo.
La sua Tasty Juice , in una generosa lattina da mezzo litro, sta riempiendo da qualche settimana i beershop più forniti di Italia, così ho pensato di recuperarne qualcuna per farmi una mia idea. Lo so, è un brutto lavoro, ma qualcuno deve pur farlo...XD
Scherzi a parte...la ricetta prevede malto Golden Promise, frumento e avena, lievito Vermont Ale e una batteria luppolata affidata a Mosaic, Equinox e Citra, utilizzato anche in doppio dry hopping come specificato in etichetta.
Perfettamente (mi viene un pò da ridere a scriverlo...ma tant'è) torbida, dai toni fortemente aranciati, forma un sottile strato di schiuma di scarsa persistenza. Tempo 1 minuto e nel bicchiere vi troverete un vero e proprio succo di frutta. Visivamente vi starete chiedendo voi? Non solo! Non bisogna nemmeno avvicinare troppo la pinta al naso per avvertire tutta la potenza fruttata di questa Tasty Juice. Sfilano allegramente pompelmo, mango, arancia sanguinella, ananas maturo. In bocca si presenta vellutata, con una carbonatazione limitata e una consistenza palatale davvero gradevole. Ritrovo in prima battuta il mango e il melone, poi piano piano arriva l'ondata di agrumi con una buona dose di amaro finale. Eccellente interpretazione, senza alcun dubbio, si colloca fra le migliori interpretazioni dello stile fino ad ora prodotte in Europa.