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lunedì 16 ottobre 2017

EurHop 2017. Come è andata. Capitolo Secondo: resto del mondo

Secondo appuntamento con il racconto di EurHop, l'annuale festival che si tiene a Roma e riunisce il meglio delle produzioni italiane ed estere. E del resto del mondo che parlerò in questo articolo.

Come vi avevo anticipato nel capitolo dedicato all'Italia, EurHop quest'anno ha rilasciato una istantanea della scena italiana decisamente positiva. Complice anche la sempre attenta selezione dei birrifici scelti come rappresentanti dell'Italia al festival, mai come quest'anno si è avuto l'impressione che non abbiamo nulla da invidiare a nazioni notoriamente più avanti nel mondo brassicolo.
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Nel racconto del resto del mondo voglio partire con le delusioni di questo EurHop, che seppur poche e in trend discendente rispetto agli scorsi anni, son comunque giunte ma stavolta tutte da birrifici stranieri.
Partiamo da Bierol, interessante realtà austriaca di cui avevo letto un gran bene ma ancora non ero riuscito ad incrociare. The Padawan è la loro birra più rappresentativa e a me non è piaciuta affatto. Un'american pale ale deludente a mio gusto, con poco ordine negli elementi in gioco che l'hanno resa corta e poco piacevole. Assaggiata in apertura il venerdì, magari son stato sfortunato in quanto altri amici i giorni successivi me ne hanno parlato bene. Gli austriaci però si sono rifatti e alla grandissima con la Bomboclat, imperial porter di quasi 9 gradi con un'eleganza tostata notevole e un bel finale amaro.
Altra nazione, altra delusione, ma stavolta cocente visto che mi è costata ben 3 gettoni. Al banco di Magic Rock ho provato la Bearded Lady Islay, imperial stout di quasi 11 gradi che viene fatta riposare in botti ex whisky. Il passaggio in botte si prende tutta la scena, la parte torbata copre tutto il resto degli elementi e anche il grado alcolico ne risente, facendosi sentire sin dalle prime battute.
Anche gli inglesi si sono rifatti con il mio palato con la Common Grounds in versione Kentucky, notevole variante della già ottima Common Grounds!


Restiamo nel Regno Unito con la Tempus Project Bourbon Barrel Aged Spresso, mastodontica imperial stout passata in botti di bourbon di Beavertown, in questo caso il passaggio impreziosisce una struttura giocata su malti tostati e caffè. Eccellente davvero!
Ancora Europa con il trittico Polonia, Olanda e l'esordiente Estonia.
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Pracownia Piwa - Lab 16
Se mi seguite con costanza avrete certamente capito che ho un occhio sempre vigile sulla scena polacca. La ritengo infatti una realtà molto interessante, sia dal punto di vista produttivo (è anche una scena fra le più prolifiche in termini di nuove birre), sia dal punto di vista di eventi/festival ed appassionati.
Quest'anno mi sono concentrato su Pracownia Piwa che ha portato per l'occasione una batteria davvero di primo livello, fra cui una serie sconfinata di LAB, fusti unici provenienti da progetti innovativi che il birrificio polacco sta intraprendendo da inizio anno. Ne assaggiai già un paio nelle mie ultime sortite romane, mi sono quindi concentrato su due LAB scuri. La prima, LAB16, una baltic porter passata in botti ex whisky ed ex cognac a cui son stati aggiunti lieviti selvaggi e lactobacilli. Il risultato è molto interessante, le note caffettose e di cioccolato si mitigano con punte asprigne di frutti rossi e una leggerissima componente lattica. Il LAB5 invece è una evoluzione della Mr. Hard's Rocks, di cui vi parlai qui, ma in questa occasione viene utilizzato del caffè Burundi Kiryama.

Del birrificio estone Pohjala in Italia è abbastanza semplice trovare le linee base. Mi sono interessato quindi ad una birra che avevo puntato da tempo in bottiglia ma per un motivo o per un altro non avevo ancora acquistato. Cocobanger, poderosa imperial stout di quasi 13 gradi prodotta con aggiunta di cocco e caffè. La birra è molto piaciona, passatemi il termine, giocata su elementi semplici e di grande impatto. Caffè, leggera melassa, poco cocco (meno male) e vaniglia. I gradi si sentono abbastanza ma del resto se si conoscono le produzioni di Pohjala, questa rientra pienamente nel loro modus operandi. Dall'Olanda invece arriva la SGT. Nightvision di Uiltje. Anche qui ci troviamo di fronte ad una imperial stout molto classica che pecca, a mio avviso, di un corpo un po' troppo esile vista gli elementi schierati in campo.

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Jester King - Biere de Coupage
Cambiamo continente e finalmente parliamo degli attesissimi birrifici americani dove ha giganteggiato Jester King. Il birrificio texano, qui qualche parola che scrissi qualche tempo fa, ha sbalordito tutti, dai vecchi ammiratori a nuovi curiosi che sentivano per la prima volta quel nome. La palma di birra più buona di EurHop 2017 va alla Biere de Coupage, un blend fra la loro premiatissima SPON e una farmhouse giovane. Il risultato è quanto di più vicino alle eccellenze belghe in tema di spontanee, con eleganti note animali e di cuoio, di uva spina e una finale piacevolmente sour. Livelli elevatissimi e bis d'obbligo anche il giorno seguente. Ottima anche la Viking Metal, farmhouse prodotta con ginepro, myrica gale e passata in botti di gin con aggiunti di lieviti selvaggi. Un gradino sotto invece Pomace con una nota vinosa davvero elegante e El Cedro, immancabile farmhouse con aggiunta di cedro spagnolo che dona piacevoli note legnose e a tratti balsamiche. Sul gradino più basso del podio personale di Jester King la Cherry Funk Metal che prende vita dalla Funk Metal alla quale vengono aggiunte ciliegie della varietà Balaton. Durante la bevuta emerge un acetico un po' troppo ingombrante che fa a cazzotti con la dorsale tostata del resto della birra. A suo favore devo dire che i quasi 10 gradi son nascosti divinamente ma onestamente è una birra che non mi ha pienamente convinto.

Gli altri due esordienti a stelle e strisce erano The Veil, di cui ho assaggiato l'ottima Single Origin Coffee Hornswoggler, intensissima porter muscolare di 7 gradi prodotta come si evince dal nome con caffè. Elegante e morbidissima al palato, nasconde del tutto i suoi gradi alcolici; e Other Half. Di quest'ultimo ho voluto provare esclusivamente le luppolate fra cui ho pescato un'ottima Double Mosaic Dream.
Hoppin' Frog è invece un birrificio che incontro spesso e alla spina lo avevo recentemente provato da Ritual Pab. Ad Eurhop mi sono buttato sulla release americana della collaborazione con Lervig, la Sippin into the Darkness di cui ne descrissi la bevuta (a parti invertite) in questo articolo per Portale Birra. La B.O.R.I.S. Reserva invece delude un po' le attese, giocando tutta la bevuta su lieve caffè ma moltissima liquirizia. La riproverò prossimamente perché mi ritrovo in cantina qualche bottiglia, quindi potrò valutare eventuali differenze rispetto a questa bevuta in fusto.
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Approfitto della collaboration per volare di nuovo in Europa con la Hazy Days, la nuova juicy targata Lervig, ananas e melone prendono il largo per tutta la bevuta. Molto buona ma continuo a preferire la Tasty Juicy primo batch di cui vi parlai qui. La versione Extra Hard della Lucky Jack non aggiunge molto, a mio avviso, alla già ottima base e birra di punta del birrificio norvegese.

Menzione finale e speciale per il solito immenso Cantillon che ha sfornato perle d'altri tempi come un'indimenticabile Lambic Armangnac e sopratutto Lambic Sangiovese. Un gradino sotto invece per la gueuze al rabarbaro Nath.
Interessanti infine anche gli esperimenti delle Gueuzerie Tilquin, di cui ho assaggiato una promettente Sureau con aggiunta di fiori di sambuco!

Anche quest'anno la rassegna più attesa da tutti gli appassionati è andata in archivio e anche quest'anno si è bevuto davvero alla grande.
L'auspicio è quello di trovare alcune di queste produzioni più facilmente in Europa (mi riferisco sopratutto alle meraviglie di Jester King).
Rinnovo infine il personale suggerimento a rivedere la location o ampliare gli orari di apertura (ad esempio anche il venerdì alle 12) per permettere una fruizione più vivibile del festival.
Ci si rivede il prossimo anno!
Cheers!

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