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martedì 3 novembre 2015

Assaggi di Birra dell'Eremo

Dall'Eremo di Assisi, il cantico di un'arte sconfinata, di una birra che dà un nuovo sapore alla tradizione.


È questo l'incipit presente sul sito ufficiale di Birra Dell'Eremo.

Uno sito fra i più curati che abbia mai visto fra i birrifici artigianali italiani che fa presagire che dalle parti dell'Eremo di Assisi nulla è lasciato al caso.

L'avventura di Birra Dell'Eremo inizia nell'estate del 2012 dalle menti di Enrico Ciani, il birraio, e Gertrude Salvatori Franchi che danno vita a questo progetto brassicolo a Capodacqua di Assisi, frazione del comune umbro che ha dato i natali al patrono d'Italia San Francesco.


La mia curiosità verso le loro birre si instaurò fin da subito, catturato sopratutto dalle straordinarie etichette, vere e proprie opere d'arte a firma dell'artista perugino Alessandro Bacchetta. Coloratissime e raffiguranti animali, spesso personificati, che rimandano all'amore di San Francesco per le creature del bosco.
Nel novembre 2013 partecipai al concorso indetto sulla pagina Facebook ufficiale che permetteva di vincere una fantastica felpa e una beerbox contenente le prime tre birre prodotte. Nel gioco in genere sono sfortunato e anche quella volta non andò bene, dovetti così rimandare l'incontro con il mondo dell'Eremo.

La fama del birrificio nel corso di questi anni è diventata notevole e il numero delle birre prodotte è aumentato coprendo una buona varietà di stili. Alle sei birre appartenenti alla linea Classica se ne affiancano altre due, una, la Brace, appartenente alla linea Riserva e invecchiata in botti ex vino Sagrantino (che sono curiosissimo di assaggiare), e un'altra, la Glaciale, appartenente alla linea Speciali. Ed è proprio da quest'ultima che voglio partire.
Nel mio recente viaggio in Umbria ho programmato un giorno ad Assisi, il sabato, e avevo preventivato una possibile visita al birrificio (che mi sarebbe sicuramente servita dopo la scarpinata per salire sulla Rocca Maggiore). Purtroppo però nel weekend lo spaccio al birrificio era chiuso. Ma non mi sono perso di animo e ho trovato per le viuzze della città di San Francesco una bottega gastronomica che aveva in bella mostra una selezione delle loro birre. Il giorno precedente invece avevo iniziato gli acquisti presso il Kosmo di Perugia di cui vi ho parlato in questa occasione.


Basta divagazioni e torniamo a noi...la Glaciale si ispira alle Imperial IPA di stampo americano ma utilizza del miele biologico. Si presenta con un colore tonaca di frate con una schiuma ocra, pannosa e persistente. Al naso propendono le note di frutta dolce, l'albicocca sopratutto, per poi lasciare spazio al tocco balsamico dalla consistente luppolatura. In bocca il benvenuto ci viene dato dal caramello e dal miele. La direzione luppolata si scopre ben presto con il mandarino, l'arancia rossa e il resinoso a farsi spazio verso un finale amaro lungo e moderatamente secco. Da non amante delle Imperial/Double IPA devo dire che mi è sembrata una birra riuscita, pericolosamente facile da bere nonostante il tenore alcolico elevato. Per un gusto personale avrei gradito una carbonazione più esuberante.
La Magnifica è una American Amber Ale, vincitrice dell'argento all'ultimo Birra Dell'Anno. Bellissimo il suo vestito ramato adornato da un cappello di schiuma fine e poco persistente. Il naso presenta note dolci di malto, caramella mou e un lieve accenno di arancia rossa. L'intensità olfattiva è meno prepotente rispetto alla Glaciale pur presentando la medesima pulizia. L'ingresso in bocca è dolce, con un accenno biscottato e un corpo medio. La bevuta prosegue agevolmente complice anche una buona carbonazione e si chiude con un accenno di pompelmo. Una birra che a dispetto del magnifico cavallo impennato disegnato in etichetta, risulta essere molto docile e facile da bere.

L'etichetta della Nobile, la golden ale della casa, è una delle più belle a mio avviso. La figura di un vecchio lupo vestito
con il saio e armato di lanterna e bastone, quasi a voler indicare la via nella notte buia. Una sorta di profeta predicatore. Il bicchiere si veste di oro con riflessi aranciati e mostra una bellissima testa di schiuma bianca, compatta e persistente. Naso freschissimo che fa passare in rassegna note di scorza di limone, spezie, scorza d'arancia. In bocca ha un corpo esile e una carbonazione vivace. Dopo un rapido attacco di crackers è un susseguirsi di erba tagliata, luppolo fiorito e la fissa suggestione della scorza di limone. Il bicchiere sparisce in pochi minuti facendola divenire, per il mio gusto, una validissima sostituta dell'acqua nelle calde giornate primaverili.

Una magnifica volpe è la mascotte in etichetta della Fuoco, una birra che si ispira alle tripel belghe.
Qui giochiamo nel campo di uno dei miei stili preferiti, uno di quelli che mi ha fatto avvicinare a questo mondo. Color oro antico, la schiuma è una meraviglia per gli occhi. Bianca, compatta, pannosa, persistente: perfetta praticamente. Il naso regala la pera matura, lo zucchero a velo, la mollica di pane. In bocca è possente ma morbida nonostante un corpo ed una gradazione (8,5°) importanti. Il saluto della crosta di pane lascia ben presto spazio alla frutta matura, accenni di banana, una lieve nota pepata, e una suggestione zuccherina. L'abbraccio finale è caldo, lungo e rassicurante. Una birra deliziosa da gustare a fine pasto oppure con una bella selezione di formaggi stagionati. Un filo di secchezza finale in più a mio gusto avrebbe reso il finale ancor più complesso. Una tripel che nella mia personale classifica delle interpretazioni italiane dello stile, si insedia sul podio dal quale sarà difficile mandarla giù.

Ho prossima allo stappo la loro Terra, oatmeal stout e mi aspetto un'altra ottima birra.

Cosa aggiungere ancora se non il mio ormai frustrante rammarico riguardo la situazione birre artigianali qui in Capitanata. Continuo a non capire le logiche che ci sono dietro alle scelte di preferenze verso una birra danese e una italiana.
E continuo a dover attendere e rincorrere le produzioni nostrane (quelle meritevoli sia chiaro) per tutto lo stivale.

E voi avete provato le birre dell'Eremo?
Cheers!

2 commenti:

  1. Io ho bevuto la Fuoco e mi è piaciuta parecchio, ho amato la Fiera che per me si distingue per il suo corpo e per il suo "essere tanta" e per ultima la Saggia che nonostante sono un appassionato di Blanche mi ha deluso parecchio, è una birra che proprio non mi è piaciuta l'ho provata sia in bottiglia che alla spina e continua a non convincermi.

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    1. Io avevo la possibilità di prendere anche una bottiglia di Fiera, ma visto il proliferare delle ipa/apa e american ipa ho preferito concentrarmi su stili meno diffusi e anche più complessi da realizzare, tipo la tripel Fuoco appunto, che magari mi danno anche un feedback più completo sul modo di lavorare di un birrificio.
      Magari però al prossimo incontro con l'Eremo la proverò!

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