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mercoledì 12 aprile 2017

Milano artigianale. Parte I: Sloan Square e Birrificio Lambrate

Appena tornato dal mio breve ma intenso beertour a Milano, con tanti posti visitati e buone birre bevute; ecco il mio resoconto!

Se seguite la pagina Facebook del blog, vi sarete sicuramente accorti che ho trascorso il weekend passato in giro a Milano...naturalmente a visitare locali e bere buona birra artigianale.
Per non appesantire troppo il racconto ho deciso di dividerlo in diversi episodi, che idealmente corrispondono all'ordine cronologico delle visite e delle bevute.

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Sono arrivato a Milano giovedì pomeriggio e ancora carico di bagagli mi sono fiondato in metro e ho raggiunto la fermata Cadorna; mi sono così fiondato allo Sloan Square. Io e il mio amico avevamo calcolato perfettamente i tempi e siamo giunti al locale in orario di apertura per occupare una seduta comoda, e goderci al meglio le birre presenti.
Il locale è strutturato su due piani, con 24 vie al piano superiore (di cui 12 hand pump) e altre 12 vie al piano sottostante dove si svolgono periodicamente concerti ed eventi musicali. Nel naso non vi bastassero le birre spillate, dietro al bancone del piano principale vi è un enorme muro pieno di frigoriferi con oltre 400 referenze, dalle più diffuse (molte BrewDog ad esempio) a quelle più rare (The Lost Abbey, Alaskan e via discorrendo).



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House of Vermont - BRUS
Pronti via partiamo con una IPA con le vesti, ormai sdoganate, cloudy; la House of Vermont del bar/brewpub BRUS di Copenhagen, che altro non è che un locale della beerfirm danese To Øl.
Di colore dorato con riflessi aranciati, offre un bel mix fresco al naso dove spiccano le note citriche, di melone e di pesca. Carbonatazione contenuta, mouthfeel vellutato, complice anche il servizio hand pump, è risultata davvero una birra molto gradevole e rinfrescante; il giusto benvenuto nel capoluogo meneghino. Restiamo in ambito juicy e scegliamo una lattina di Inhaler degli inglesi di Magic Rock. Qui le cose non vanno molto bene, l'aroma è abbastanza sgradevole e ci appare subito che la fresca esplosività del luppolo è ormai un lontano ricordo. Conferma che troviamo leggendo sul fondo della lattina, la scadenza ormai prossima. Peccato, da riprovarla in condizioni migliori.
Decidiamo così di bissare la precedente  per dimenticare in
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fretta la delusione della lattina sfortunata, e fiondarci sul banco dell'aperitivo. Altro giro e altra corsa, o meglio birra, è la volta di una IPA di The Kernel, precisamente la Galaxy Mosaic Zeus. Fresca e beverina nonostante i quasi 7 gradi alcolici, qui il servizio hand pump, a mio avviso ha penalizzato un pò il prodotto, che resta comunque di buon livello come da copione Kernel. Dopo un breve intermezzo di una freschissima (attaccata pochi minuti prima) All Day IPA di Founders, ritento la sorte con Magic Rock e stavolta scelgo la Dark Arts, stout servita a pompa. Qui il livello è davvero elevato. C'è il cioccolato e il caffè, ma anche i frutti rossi e una leggera nota affumicata. Poche bollicine e texture morbidissima. Eccellente davvero! Menzione d'onore ad una clamorosa Péché Mortel di Dieu Du Ciel! servita con l'utilizzo dell'azoto. Una vera perla, mai trovata in queste condizioni!

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Dopo aver lasciato lo Sloan, abbiamo ripreso la metro per concludere la serata al Birrificio Lambrate in via Adelchi 5. Mancavo da oltre quattro anni, e devo dire che è sempre una grande emozione ritornare in questo posto che rappresenta tanto per la storia della birra artigianale italiana. Un 2016 da incorniciare, con la nomina di Birraio dell'Anno per Fabio Brocca (chiaramente riferito all'anno precedente) e la festa dei primi 20 anni di Lambrate con la mega festa il 9 aprile a cui ha preso parte il meglio della scena italiana ed europea.

L'atmosfera all'interno sempre coinvolgente. gente che beve, chiacchiera e si diverte. La birra scorre a fiumi, la musica rock fa da sottofondo per un posto che non può non entrarti nel cuore.
Parto con una delle mie preferite del Lambrate, l'American Magut, west coast pilsner dall'intenso profilo agrumato in abbinamento ad un bel taglio erbaceo finale. Una di quelle birre da bere a litri, davvero. Un breve passaggio con la Grateful Deaf!, black rye IPA, prodotta in collaborazione con l'americano Ken Fisher e che prevede anche l'utilizzo di peperoncini Habanero. Birra sui generis, a tratti estrema, dove l'anima torrefatta viene ravvivata dalle punte piccanti. Onestamente non rientra nei miei gusti, pur restando un esperimento ben riuscito.
La Quarantot è la double IPA di casa Lambrate,  nome che riprende gli avvenimenti del 1848, le
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celeberrime Cinque Giornate di Milano. Intensità olfattiva abbastanza contenuta dove comunque emergono note di pompelmo e resina. La bevuta ricalca l'aroma, sulla struttura maltata di biscotto si ergono punte amare ed agrumate.
Chiudo la prima giornata milanese e il mio ritorno in Via Adelchi con la Imperial Ghisa, versione potenziata di una delle mie birre italiane preferite, la Ghisa. Morbida ed avvolgente, con note di cioccolato, caffè e fumo e un lungo e ricco finale amaro, di liquirizia. Sarà stata l'emozione, l'atmosfera...non so...comunque birra della giornata a mani basse!

Come primo (mezzo) giorno direi che non è stato male!
A notte fonda ritorniamo a casa consci che i giorni successivi saranno ancora più intensi.
Cheers!

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