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venerdì 8 maggio 2015

Riflessioni personali sulla birra artigianale.

Quando ho aperto questo blog ho deciso di dare per scontato alcuni concetti che dovrebbero essere giá stati sdoganati.
Mi sono tuttavia accorto di una mancanza basilare e credo che convenga porre un riparo.
Ma cosa é questa fantomatica e inflazionatissima birra artigianale?
La legislazione italiana non ne da una definizione specifica assimilandola di fatto alle birre prodotte a livello industriale. Si preoccupa però di parametrare per bene i gradi plato del mosto su cui applicare le (altissime) accise! Ma questa è un'altra storia e non apro la polemica per evitare di smuovere un vespaio.

Dicevamo della definizione di birra artigianale non disciplinata nè riconosciuta dalla legislazione italiana.
Ha provato a fare chiarezza anni fa Unionbirrai, che è un'associazione culturale degli operatori del settore, definendola quel prodotto
non pastorizzato, integro e senza nessuna aggiunta di additivi chimici
.
La Brewers Association americana invece, dal 2007 ha invece dettato i tre criteri necessari per rientrare nell'alveo craft, vale a dire: dimensioni ridotte (per gli standard americani sia chiaro) dei birrifici, processo produttivo tradizionale, indipendenza totale da qualsiasi multinazionale del settore o sua controllata.





Cerchiamo adesso di unire le informazioni appena riportate e farci un'idea più approfondita.
Partiamo dalla pastorizzazione che è quel processo di risanamento termico mediante il quale si minimizzano o si distruggono alcuni organismi presenti nella birra allo scopo di dare una maggiore stabilitá al prodotto finito nonchè una più lunga conservazione.
A questo concetto aggiungiamoci la filtrazione. Su questo argomento non sono integralista, ossia se un birrificio decide di microfiltrare le proprie birre ai miei occhi non perde il requisito di artigianalità. Se pastorizza invece si!
Per aggiunta di additivi chimici ovviamente si intendono quei prodotti di laboratorio che stabilizzano, insaporiscono e modificano le proprietá organolettiche della birra. Su questo non transigo.
Vi invito a prendere qualche birra da supermercato, non faccio nomi per ovvi motivi, e leggere gli ingredienti. Per fare una birra sono necessari acqua, malto d'orzo (o di frumento ecc.), luppolo, lievito ed eventualmente spezie o ingredienti particolari. Qualsiasi aggiunta in più (coloranti e chi più ne ha, più ne metta) é qualcosa di chimico. Io bandisco anche estratti di malto ed estratti di luppolo e altre abomini che usano molti microbirrifici che si professano artgianali.
Le dimensioni contano? Detta così sembra una domanda a sfondo sessuale....la risposta nel caso della birra é NI. E mi spiego.
La realtá americana ci ha insegnato che birrifici di grossissime dimensioni continuano a produrre birre che seguono i crismi dell'artigianalità! Non è detto che se vuoi aumentare la capacitá produttiva del tuo birrificio devi necessariamente industrializzarti ed ammazzare le birre. Puoi avere ampi volumi produttivi mantenendo gli standard qualitativi e craft.
Pensare e realizzare una birra comporta tempo. Tempo che di certo le grosse industrie non possono permettersi di perdere perché il mercato chiama.

Arrivati a questo punto (e se ci siete arrivati vuol dire che mi volete davvero bene :-P) una domanda sicuramente vi sorgerà spontanea: ma la birra artigianale è sinonimo di qualitá? Risposta secca: NO! Negli anni ho assaggiato di tutto, birre italiane e straniere e di homebrewers, e mi é capitato diverse volte di regalare birre al mio amato lavandino. Avendo comunque un minimo di dimestichezza ci si riesce a districare nel mondo brassicolo evitando sorprese. Ammetto senza alcun tipo di problema che a volte ancora ci casco e mi prendo qualche sola.
Commerciale e industriale sono la stessa cosa? Ovviamente no.
Una birra commerciale può essere artigianale e addirittura una buona birra artigianale.
Lo sdoganamento di questi prodotti, auspico porti ad avere più scelta anche quando si va a fare la spesa al supermercato, cosa che al nord Italia in alcune catene giá succede, magari a prezzi da supermercato e non da beershop. Il buon senso e il gusto personale poi fa il resto. Se al supermercato sotto casa trovo e compro spesso una ottima Duvel, ad esempio, a pochi euro e poi la ritrovo al pub al quadruplo del prezzo...beh prenderla significa essere cosciente della fregatura.
Questa però è la mia personalissima opionione. Quando giro per locali, specialmente fuori dalle mie zone, evito di prendere roba che possono trovare tutti i giorni o comunque più facilmente. Ma ripeto, non è una regola, è solo il mio comportamento d'acquisto.
Strettamente connesso a questo discorso vi è quello del prezzo. La birra artigianale costa, sopratutto quella italiana, per il discorso sulle accise che accennavo ad inizio articolo. Ma se in un locale si sceglie di mettere in carta, per esempio, una Chimay da 75 cl a 15 € e non una birra artigianale italiana lo si fa solo perché i margini di guadagno sono (molto) più bassi su quest'ultima in quanto alla fonte costa di più di una belga commerciale (che ribadisco non significa necessariamente non buona, anzi).





Gestire un locale é difficile, me ne rendo conto. Gestirlo al meglio e con passione é utopico in molti casi. Il consumatore in tutto questo deve essere attento come lo è per il cibo. Le informazioni ormai ci sono. Facilmente si riconosce una birra artigianale (a prescindere se sia buona o meno) da una industriale.
Andreste mai a pagare 20€ una frittura di calamari congelati? Non credo.E una birra industriale vestita da artigianale a 10€?

Voi che idea vi siete fatti di questo mondo? Riuscite ad evitare i trappoloni dei cattivi gestori?

Ps: fateci caso....non ho mai usato il termine CRUDA. Birra cruda non vuol dir nulla, anzi é sinonimo di ignoranza in materia. Partite da questo quando scegliete una birra al pub.

Cheers!

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