Dopo le somme tirate nel confronto fra le tre saison, rimango sempre in Belgio e stappo due esempi storici di quadrupel, che altro non sono che belgian dark strong ale.
Il confronto stavolta si arricchisce di ulteriori elementi che vanno a pescare un po' nella storia dei birrifici un po' nella leggenda.
Nelle campagne di Poperinge alcuni monaci del monastero di Mont des Cats decisero di fondare un nuovo monastero trappista seguendo le orme dell'eremita Ja-Baptiste Victoor. Era l'estate del 1831. Passarono otto anni prima che all'interno dell'Abbazia di Nostra Signora di St. Sixtus iniziò la produzione della birra grazie alla licenza concessa da re Leopoldo. Nonostante la crescente domanda, i monaci di St. Sixtus non vollero mai aumentare la produzione di birra e di conseguenza la sua vendita al cancello.
Nel 1946, pur continuando a produrre birre per il consumo interno dei fratelli trappisti, il birrificio Westvleteren concesse la licenza di produrre le sue quattro birre (chiamate semplicemente 4,6,8 e 12) al vicino birrificio St. Bernardus. Le ricette e i lieviti utilizzati sono stati quindi tramandati direttamente dai frati di St. Sixtus. La licenza è definitivamente scaduta nel 1992 e i trappisti di Westvleteren hanno ricominciato a produrre birra all'interno dell'Abbazia.
Dal canto suo, a Watou, St. Bernardus ha continuato a produrre proprie birre chiaramente commercializzandole con nomi diversi. Questa è la storia. Qui poi si mescola alla leggenda. Si ritiene infatti che i lieviti utilizzati per la produzione della Abt 12 di St.Bernardus siano gli stessi usati per la produzione della Westvleteren XII. Notizia da sempre smentita dalle parti si St. Sixtus, precisando che il lievito per la loro quadrupel proviene da Westmalle. Se inoltre confrontate le attuali etichette di St. Bernardus scoprite la netta somiglianza con quelle prodotte sotto licenza st. Sixtus.
Capite bene ora che la suggestione di provare in serie due birre che potrebbero essere uguali è davvero alta e anche io mi sono lasciato affascinare dal confronto. A tutta questa storia aggiungeteci che attorno alla XII si è creato un vero e proprio culto, essendo considerata dagli utenti di Ratebeer la birra più buona del mondo. Un'affermazione che ha poco senso a mio avviso in senso assoluto, e sopratutto vista la grandezza della comunità appartenente a Ratebeer. Fatto sta che i tranquilli monaci sono stati presi letteralmente d'assalto da orde di nerd e appassionati alla ricerca di questa fantomatica birra più buona del mondo. La produzione annuale dell'intero birrificio è molto bassa, e le birre non escono al di fuori del monastero e del bar situato al lato dell'Abbazia. Va da sé che con tale elevata domanda il prezzo delle birre Westvleteren sia schizzato a livelli disumani, se consideriamo che in loco la stessa birra la si acquista e beve per pochi euro.
Nel 2012 i monaci decisero di commercializzare per la prima volta la tanto acclamata XII per finanziare la ristrutturazione della facciata del monastero. La confezione comprendeva 6 bottiglie più due bicchieri. Data la scarsissima disponibilità, i prezzi hanno davvero raggiunto cifre folli (1000 dollari su ebay). A gettare acqua parzialmente sul fuoco di questa follia patologica, è stata la notizia che quelle bottiglie potrebbero contenere una birra diversa dalla storica XII, prodotta fino all'anno precedente. La bottiglia diversa, serigrafata con il numero romano indicante il nome della birra, potrebbe essere una prova di questa notizia.
Veniamo al dunque e veniamo allo stappo. Mi sono procurato una Westvleteren XII del 2011 e una St. Bernardus Abt 12 del 2013. Iniziamo il confronto partendo subito dall'aspetto: la XII si presenta color tonaca di frate con riflessi mogano e una moltitudine di particelle di lievito in sospensione. Più cangiante il
Al naso la XII si presenta estremamente complessa, con il dolce (marzapane) in grandissima evidenza. Nocciola, zucchero caramellato, frutta spiritata, prugna, albicocca sciroppata, pera cotta e banana matura. Poi emerge il carattere alcolico che ci fa addentrare in territori di vini passiti.
La Abt 12 è più potente. Scopre subito le sue carte, che sono fatte di frutta sotto spirito, caramello e noci. Ritroviamo anche qui la banana matura in presenza maggiore stavolta.
L'ingresso in bocca di entrambe è giocato sui toni dolci. Biscotto, malto e frutta matura. Poi le strade iniziano a dividersi. La XII prende derive di marzapane e erbe officinali chiudendo moderatamente secca. La Abt 12 invece mostra i muscoli e mescola note di frutta secca con quelle di radice di liquirizia.
Siamo al cospetto di birre memorabili. In entrambi i casi nonostante gli elementi in gioco siano molti quello che sorprende è la pulizia e l'eleganza. Ogni elemento al posto giusto.
Non esiste un vincitore, non serve a nulla decretarlo.
Degustatele con calma ed ammirazione invece, consapevoli della grande storia che c'è dietro.
Bere una Westvleteren non capita certo tutti i giorni. In Italia arrivano davvero a prezzi indecenti (oltre 15€ per la XII) e se considerate che alla fonte la paghereste al massimo 2 €, capite bene che pagate solo la scarsa reperibilità e l'hype che hanno generato.
La Abt 12 la trovate invece facilmente in buon beershop e se siete fortunati anche in una buona GDO.
Ricordate che sono birre adatte ad invecchiare. Alla data di scadenza impressa dovete sottrarre 5 anni per scoprire la data di imbottigliamento. Diciamo che dopo circa due anni raggiungono un'ottima forma.
E ora come direbbero a St. Sixtus.....
<<Sssst...hier rijpt de trappist>> (silenzio...qui matura la trappista)
Cheers!
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