Terzo appuntamento con la rubrica Tasting Moment.
Dopo U.S.A. e Gran Bretagna, oggi andiamo in Belgio, e precisamente a Bruxelles a conoscere uno dei birrifici belgi fra i più giovani ma già di caratura internazionale.
Nonostante sia la capitale del Belgio, che come è noto è la patria delle birre, a Bruxelles hanno sede oggi soltanto due birrifici. Nell'800 però le cose erano ben diverse e la città era anche la capitale della birra, potendo contare su oltre 100 birrifici attivi. Era il 1880, anno in cui si raggiunse la massima concentrazione di birrifici. Con il passare del tempo però fra accorpamenti, scelte errate di gestione e fallimenti a Bruxelles rimase solo il leggendario produttore di lambic: la Brasserie Cantillon. L'idea di ridare lustro alla città è una delle molle che spinto Barnard Leboucq, ex trombettista jazz, e il suo amico Yvan de Baets a creare il secondo birrificio di
Bruxelles. Il nome del birrificio è un omaggio alla Senne, il vecchio fiume che scorreva nella capitale belga. Nel XIX secolo l'industrializzazione portò alla controversa decisione di coprire interamente il corso d'acqua per favorire la costruzione di viali e grandi palazzi destinati alla borghesia belga sfavorendo la classe proletaria e gli strati più poveri della popolazione che prima occupavano le zone limitrofe al corso del fiume.L'avventura di Barnard e Yves non ha un facile inizio a causa di grosse difficoltà economiche che li portano all'inizio a brassare le proprie birre presso altri produttori, fra cui De Ranke, birrificio dove Yves aveva lavorato negli anni precedenti. Finalmente nel 2010 riescono ad acquistare un enorme hangar (pari a 3 campi di calci) nel sobborgo industriale Molenbeek. L'obiettivo dei due amici è quello di ritornare alle radici della birra belga, recuperando birre ormai dimenticate. Birre di bassa gradazione alcolica ma di carattere ed equilibrate, lontano dagli eccessi luppolati americani pur imprimendo alle loro produzioni un carattere amaro e secco. Nonostante siano innamorati della città in cui sono nati e cresciuti, non risparmiano aspre critiche ai propri connazionali. "C'est la maladie de la bière belge" disse Barnard in un'intervista concessa a Ben McFarland, scrittore di birra di fama internazionale. Secondo l'ex jazzista infatti i belgi hanno subito una sorta di autolavaggio del cervello che li spinge a bere sempre le stesse birre, Leffe e Duvel su tutte, trascurando il fascino di produzioni come Cantillon e Dupont.
La Wadesda #5 fa parte di una serie di birre sperimentali della Brasserie De La Senne, che sono state lanciate per un periodo limitato e mai più replicate. Se non vado errato per ora gli esperimenti sono sei. In questo caso ci troviamo di fronte ad un belgian ale generosamente luppolata con Perle. La produzioni #5 e #6 sono strettamente connesse in quanto nella prima il luppolo tedesco scelto è in pellets mentre nella seconda viene utilizzato quello liofilizzato. Ma basta con le chiacchiere e andiamo a versare la birra.
Mi perdonerete se non ho fotografato il bicchiere. Dovete quindi fidarvi quando leggerete del suo bel colore giallo paglierino torbido con una bella schiuma bianchissima, compatta, generosa e persistente. Al naso emerge subito il carattere erbaceo del luppolo misto al lieve speziato dato dal lievito utilizzato. In bocca l'avvio è di crosta di pane con un corpo medio sostenuto da vivaci bollicine. Erba tagliata e note citriche portano in dote un finale amaro ma non troppo secco. Una bella bevuta rinfrescante, un esperimento ben riuscito, lontano però, a mio avviso, dai mostri sacri in casa De La Senne che rispondo al nome di Taras Boulba e Zinnebir.
GIUDIZIO PERSONALE
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