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lunedì 14 novembre 2016

A Tu per Tu con....Angelo Scacco di La Fucina

Ai microfoni virtuali di Diario Birroso stavolta c'è Angelo Scacco, birraio e fondatore del birrificio molisano La Fucina!

Le battute sull'esistenza del Molise e dei suoi abitanti davvero si sprecano, ma fortunatamente i molisani sono dotati di grande autoironia e rispondono alle frecciatine con un sorriso.
Un centinaio di km mi separano da questi territori e in questo ultimo anno di scorribande alcoliche, ho avuto modo di toccare con mano il grande fermento che questa piccola regione sta vivendo. Ve ne avevo già parlato in questo articolo del FrankenBier Fest di Campobasso tenutosi dai ragazzi di Hops Up. In quell'occasione ho conosciuto Angelo Scacco, birraio e fondatore del birrificio La Fucina di Pescolanciano in provincia di Isernia. Dopo quella serata passata in sua compagnia ci siamo incontrati nuovamente in altre occasioni fino a che non abbiamo deciso di rendere pubblico cosa ci siamo detti! Angelo è un tipo molto diretto, molto ironico e cosa non meno importante ha la grande dote dell'autoironia. Tenendo bene in mente questa cosa, tuffatevi in questa chiacchierata!


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Ciao Angelo, benvenuto su Diario Birroso! Parlaci un pó del tuo progetto, La Fucina, come nasce, da quante persone è composto e quale è la vostra filosofia.
Grazie mille a te! Diario Birroso a noi ci piace assai…non ho detto a caso noi, perché negli ultimi tempi molti stanno identificando la Fucina con me, che oltretutto sono un sedicente birraio, ma in realtà La Fucina è un progetto molto ampio, compagine societaria composta da 3 soci, io, Giovanni Di Salvo e Gilbert Padula (socio americano con la passione per la birra artigianale), ma quello che ci rende più orgogliosi è aver potuto assumere 2 ragazzi di Pescolanciano, Simone del Matto (mio secondo birraio) e Nicolangelo Pellegrino (Logistica)…questo perché il nostro paese, Pescolanciano, da tempo non vedeva iniziative imprenditoriali, e La Fucina è stata di incentivo per tutti noi, nel cercare di smuovere questa immobilità. Siamo ancora più soddisfatti se ci guardiamo indietro…La Fucina è nata appena 4 anni e mezzo fa…nel marzo 2012…ed eravamo solo una beer firm, quindi abbiamo prodotto utilizzando impianti di altri, utilizzando le ricette da homebrewers che avevamo elaborato negli anni. Se poi aggiungiamo che io e Giovanni siamo tornati in Molise dopo diverse esperienze fuori regione, mi sembra chiaro il motivo per cui traspare tanto orgoglio nelle mie parole. Tornando con i piedi per terra, anzi con la faccia sotto i tuoi piedi, mi pare chiaro che siamo un birrificio con una altissima concentrazione di cazzari, perché ci piace vivere questo mondo in maniera poco seria, poco bacchettona, da qui i nomi di alcune birre, da qui i miei siparietti durante i tap take over oppure gli eventi birrai (non capita spesso che un birraio dica: a me questa mia birra mi fa cagare). Credo che tutta questa nostra voglia di rompere degli schemi che si stanno costruendo, derivi dalla mia passata esperienza professionale (si dice che io sia stato un consulente di strategia aziendale), in pratica vengo da un mondo nel quale domina la formalità ed a volte le sovrastrutture. Ecco visto che sono riuscito ad avere una mia azienda…non vedo perché io non possa rompere certi schemi che mi stanno alquanto sui cosiddetti. Però voglio chiarire che siamo cazzari alla radice, ma solo dal punto di vista comunicativo…qui il primo punto è che le birre devono essere buone, fatte bene e che quando si deve faticare nessuno, me in primis, si può tirare indietro (aspetti positivi e negativi del mio lavoro precedente me li sono portati dietro).

 Nel 2012 La Fucina prende vita come
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beerfirm. Dopo soli due anni acquisite lo status di birrificio dotato di proprio impianto. Dopo altri due anni, l'estate scorsa, nasce La Fucina Pub a Vastogirardi in provincia di Isernia. Andate davvero forte! Descrivici un pó quest'ultima creazione. 
La scelta del pub a Vastogirardi, un piccolo paese a pochi minuti da Pescolanciano, è una sfida che abbiamo voluto intraprendere, non so dirti se è una sfida che stiamo vincendo o perdendo, ma di certo è una sfida il voler portare in zone come le nostre la filosofia del mangiare bene e bere bene. Ad esempio per il cibo utilizziamo solo prodotti locali e di stagione, ergo in gennaio il panino vegetariano non ha né zucchine né tanto meno melanzane, e se il nostro caseificio di fiducia ha terminato il caciocavallo di certo non lo sostituiamo con il cheddar cheese. L’idea dunque è quella di avere un luogo di aggregazione nel quale si possa ascoltare buona musica, bere birre artigianali, mangiare pochi piatti, ma sempre freschi e curati. Per noi inoltre è un luogo nel quale portare le tante persone che stanno venendo a visitare il birrificio, che siano essi birrai, publican o semplici curiosi ed appassionati di questo mondo.
Ha suscitato molto interesse ma anche scetticismo l'idea di produrre un reality sulla birra artigianale. Tu sei uno dei concorrenti. Che idea c'è di fondo nel portare la birra artigianale in tv e soprattutto alla fine si realizzerà o è rimasto in una fase di stallo? 
NO COMMENT*
Parliamo un pó di birra! Quale tradizione birraria ti ha fatto scoccare l'amore per questa bevanda? Le birre de La Fucina a quale scuola si ispirano? 
In realtà a me piacciono tutte le tradizioni birraie, ovviamente quando ho iniziato a bere birra artigianale, grazie a tale Matteo Cerro, le prime birre sono state di stampo belga, quindi grosse saison, blanche, tripel, quadrupel, anche se la xx bitter di De Ranke ha iniziato a farmi avere una deriva sull’amore, così come la prima lambic di Cantillon ha iniziato a farmi appassionare alle fermentazioni spontanee, e le prime birre rauch alla tradizione tedesca…insomma se non si fosse capito a me piace bere, con parsimonia…per questa ragione, così come quando ero homebrewer, La Fucina in pratica produce una enormità di stili, tutte alte fermentazioni perché per le basse ci sta ancora studio e strada da fare. Quello che cerchiamo di fare è rispettare il più possibile la tradizione birraia a cui fanno riferimento le nostre birre, l’unico aspetto che abbiamo deciso di non “trattare” è l’acqua; vogliamo utilizzare l’acqua del nostro paese as is, in quanto crediamo che la vera particolarità delle nostre birre derivi dalla nostra acqua. Sappiamo che non modificare l’acqua in base agli stili ci porta ad avere delle birre non perfettamente in stile, e quindi a non vincere premi, ma detto ciò…se uno ha un sedicente birraio che guida la baracca cos’altro volete aspettarvi? Un aspetto che però mi piace sottolineare è la nostra volontà di sperimentare, quindi di proporre sul mercato anche stili che non sono molto “di moda” o che magari pochi hanno provato a brassare, da qui la Hello Speck (birra affumicata e salata, in collaborazione con Pampus Brewery), la Kerosene (white porter in collaborazione con P3Brewing, birrificio sardo), la Birra non industriale (black tripel), la Punching Obama (sour dark ale in collaborazione con Lucky Brews, birrificio Veneto). In sintesi credo che, anche qui, sia sia chiaro che ci divertiamo assai nel nostro lavoro, e di certo ci annoiamo poco.
Nelle mie sortite nella tua regione mi sembra che il Molise sia in pieno fermento, sia a livello di birrifici che di locali ma anche eventi a tema. La cosa che mi ha colpito moltissimo è una grande coesione fra i vari attori, senza sfociare in competizioni territoriali spesso, a mio giudizio, inutili e controproducenti. Ho avuto l'impressione che c'è una forte volontà di remare tutti verso un'unica direzione, quella di portare la cultura della buona birra a quante più persone possibili. Presentaci quindi un pó la scena molisana. 
Innanzitutto fammi dire che sono perfettamente d’accordo con te, le competizioni territoriali, ma anche l’eccesso di competizione in un mondo come quello della birra artigianale sono del tutto inutili e contro producenti; in pratica è quello che si definisce “guerra dei poveri”, lottiamo uno contro l’altro per qualcosa che in realtà dovrebbe essere semplicemente “condiviso”, per una torta che dovrebbe essere allargata e non “spartita”. Prometto di non avere più questo atteggiamento da professorino. Venendo, in senso motorio figurato, a noi: la scena molisana è in fermento (come dice Paolo Perrella di Cantaloop), siamo un bel gruppetto di birrifici e beerfirm e continuiamo a crescere, visto che a breve dovrebbero aprire altri due birrifici. Quello che cerchiamo di fare è lavora insieme il più possibile, come dimostra la presenza di 4 festival (Festival delle birre artigianali molisane a Pescolanciano a Luglio, Birrae a Campobasso ad Agosto, Molise in Fermento a Cantalupo nel Sannio ad Ottobre, Attacca la Spina ad Isernia a Dicembre) che ci vedono tutti coinvolti, tutti insieme per cercare di far conoscere questo nostro mondo a chi, vivendo in Molise, è ancora vincolato alla Nastro Azzurro o alla Forst. Non solo fervono anche le collaborazioni fra di noi birrai (vedi Bloody Xmas fra La Fucina e Cantaloop oppure la Big Hunt fra La Fucina e Birra Fardone), questo perché oltre che organizzare manifestazioni e partecipare ad eventi insieme ci piace assai anche passare del tempo insieme, fuori dal lavoro, e questa anche è una dimostrazione di come il mondo della birra artigianale debba far avvicinare le persone, senza creare barriere o vincoli. Inoltre abbiamo locali come Hops Up che, un po’ come il Buskers a Roma, portano avanti un discorso di beer firm con un proprio locale, che però non vende solo le proprie birre, ma anzi ospita sempre alle spine altri birrai molisani e da fuori regione; ragazzi come loro contribuiscono, con eventi, corsi, degustazioni ad incrementare il numero di appassionati in Molise. A mio modesto avviso l’unico neo della nostra regione è la mancanza di una vera e propria scena di homebrewers; ci sono persone che producono birra in casa, ma spesso non si conoscono e neppure cercano un minimo di coesione. In parte potrebbe anche essere colpa nostra, dico di noi addetti al settore, che non creiamo occasioni per farli conoscere e metterli insieme, ma su questo un piano è già in atto. “Il Molise esiste e però è solo birra artigianale” (cit)
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Seee, te pare che non ti racconto nulla! Ti anticipo turpiloquio, al massimo metti dei bip! This fucked up realty about breweries! Come posso parlare male di un reality che mi ha visto unico ed indiscusso vincitore!?! Non posso. Ebbene si anche La Fucina ha partecipato a Beer Master, abbiamo registrato le puntate in alcuni studi a Padova. Non posso parlare né a nome degli autori, né a nome degli altri birrifici o dei giudici, ma ti dico perché abbiamo deciso di partecipare e perché penso possa essere utile al nostro mondo. Io credo che sia giunto il momento di far arrivare il mondo della birra artigianale al grande pubblico, attenzione non ho detto di arrivare al 90% della quota di mercato di quelli che bevono; il grande pubblico vuol dire la maggioranza di questo nostro paese che ignora la presenza di oltre 1000 aziende che producono birra artigianale, che ignora la differenza fra birra artigianale e birre crap (non crap come le mie eh!), che ignora la presenza di un settore che è uno dei pochi in crescita in questo Paese. Di certo con la messa in onda di questo reality (non so quando sarà messo in onda e non abbiamo ancora finito di registrare) anche la sciura Maria (reminiscenze milanesi) sarà edotta sul fatto che in provincia di Como esiste il Birrificio Italiano o che nella provincia di Livorno esiste il Piccolo Birrificio Clandestino. Magari tutto ciò non permetterà di arrivare al 90% di consumatori, ma, a mio parere, non è questo l’obiettivo di noi che produciamo birra artigianale. Ovviamente se dico educare intendo il termine letterale…educare bene…e per questo ho deciso di partecipare, perché credo possa essere utile che chi è coinvolto in questo mondo, da mane a sera, faccia in modo che le persone capiscano cosa esso realmente è; quindi evitando una volgarizzazione (vedi l’uso di termini imprecisi come bionda, doppio malto, ecc), evitando fraintendimenti (misunderstanding) del tipo basta mettere del malto nell’acqua calda ed ecco che uno sa fare birra e può aprire un birrificio, perché gestire un birrificio è gestire un’azienda, per cui gli aspetti da gestire sono molti se si vuole rimanere a galla. Io non ho voluto mai rispondere in maniera seria a tutti coloro che hanno giudicato questa mia scelta e questo reality senza aver visto neppure un’immagine e senza averne prima chiesto de visu a me, per un semplice motivo, because I really just don’t give a fuck! Perché a me hanno insegnato, e devo dire che sta cosa l’ho anche imparata bene, a non giudicare mai senza avere tutte le informazioni e senza conoscere tutti i punti di vista (ovvio che secondo Herbert Simon siamo in razionalità limitata, per cui leggete il “tutti” come un numero di certo superiore a 1!).

Ultima domanda. Una pura e semplice mia curiosità. Su Facebook ti autodefinisci ironicamente "sedicente birraio", hai in linea una birra che si chiama "Bevi e nun rompe er c***o". Quanto per te è importante non prendersi troppo sul serio in questo mondo? 
Come ho detto prima, per me il non prendermi sul serio è fondamentale, direi quasi vitale. Mi piacere che le persone mi percepiscano a primo impatto come un cazzaro, a volte anche un coglione, insomma mi piace spiazzare tutti quelli che hanno dei preconcetti. Perché un birraio non può dire che una sua birra, per quanto sia riconosciuta da tutti come molto buona, a lui fa cagare? Vuol dire che questa birra veramente non è buona? Vuol dire che lui non sa produrre birre buone? No, semplicemente vuol dire: non fermatevi alle apparenze, perché bisogna sempre approfondire, altrimenti si rimane nell’ignoranza. Il fatto che questo sia compreso o meno da tutti a me non interessa, il mio obiettivo non è piacere a tutti, il mio obiettivo è catturare l’attenzione e poi stupire coloro che me ne danno l’occasione. Diciamo che essere così cazzaro è il mio modo di far avvicinare le persone a questo mondo, dandogli l’occasione di partire con il piede giusto, vale a dire: bere una birra, giudicarla per quello che è, e se mi piace berne un’altra, perché è buona non perché rispetta uno stile o perché quello che me l’ha data è stato tre ore a parlarmi di come la beta amilasi e l’alfa amilasi sono fondamentali per una corretta scomposizione degli amidi del malto in zuccheri fermentabili dal lievito, che poi io già alla parola beta mi sono perso nei ricordi del primo 4 preso a greco durante il quarto ginnasio e giunto alla parola lievito ho solo voglia di bere sta cavolo di birra! Che poi alla fine per fare star zitto chi mi sta davanti basta che io dica: “ah si, sono laureato in Bocconi ed ho girato tutto il mondo a mettere a posto aziende”, per dare la conferma che sono un cazzaro patentato e con tutti i titoli di studio! Dici che sono stato troppo informale in questa intervista?

Certamente no! XD
Chi ti conosce sa come sei fatto e chi ancora non ti conosce imparerà a farlo!
E voi conoscevate Angelo? Avete provato le sue birre?
Cheers!
(crediti foto: Fermentazioni, Facebook)

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